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Risorsa sarà Lei!


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Risorsa sarà Lei!
Roberto Rigati  HR Consultant, Italy

Le Risorse Umane, sono più


A dire la verità, anche a me, come uomo prima ancora che come consulente, l’espressione “Risorse Umane” ha sempre dato fastidio.
Capisco e condivido lo sforzo retrostante a questo termine: era ed è il tentativo di vedere le persone non come problemi ma come opportunità, il collaboratore non come antagonista ma come risorsa.
Ma pur apprezzando l’intento, non ho mai perso l’impressione che si
tratti di un termine, in fondo, fuorviante.
Col passare degli anni, accumulando esperienze e osservando la realtà dal vivo, ho sentito il bisogno di dar voce a un profondo senso di disagio.
Sentire un capo riferirsi a un collaboratore chiamandolo “la risorsa”, magari in riunione con i suoi colleghi manager, mi fa sempre sobbalzare,
e mi verrebbe quasi da interromperlo,sbottando: “Quale risorsa? Quella
è una persona, accidenti. Ma cosa dice, come si permette? Ma come parla? Le parole sono importanti! Cosa direbbe lei, se qualcuno la definisse una risorsa? Sa cosa le dico? Risorsa sarà lei!”
In altri termini, la stessa espressione contiene in sé un vizio d’origine, aggravato poi dall’uso che in molti casi ne è stato fatto. Questo vizio, questo peccato originale, a mio avviso è proprio nella parola “risorsa”.
Le risorse si usano, e se il verbo usare è applicato a una persona, allora è inevitabile che assuma un connotato negativo.
Nonostante tutto, però, sentivo, sento, che l’espressione Risorse Umane contiene – a volerla vedere – un’intuizione.
E l’intuizione profonda, appropriata, positiva e persino esteticamente bella richiede solo uno spostamento semantico.
Infatti, è sufficiente smettere di chiamare Risorse gli umani, ed utilizzare questo termine per definire ciò che hanno di più prezioso per sé e per gli
altri, azienda compresa: le loro intelligenze. Se chiamiamo “risorse umane” le facoltà intellettive di un individuo, anziché chiamare lui “risorsa”, allora tutto quadra.
In quest’ottica l’azienda non usa più le persone: mette a frutto e sviluppa, insieme a loro e con il loro consenso perché altrimenti non sarebbe possibile, le loro intelligenze.
Non ha più la pretesa di “formare” degli individui, di sviluppare delle persone, insomma di creare un homo novus, con tutti i rischi che comporta in termini storico-antropologici e che ripensando a Stalin e Hitler suona un po’ agghiacciante: stimola invece le intelligenze, incoraggia il pensiero. Mette le persone nelle condizioni di evolversi, di
maturare, solo che lo vogliano.
L’azienda rinuncia a gestire gli individui, per concentrarsi sui comportamenti.
Si passa da una logica di contrapposizione a una di collaborazione, perché l’azienda investe soldi e formula programmi per sviluppare intelligenza, con ovvi vantaggi per sé ma anche per il collaboratore, se dal canto suo accetta liberamente di impegnarsi a investire energie per maturare professionalmente e come persona.


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